Frosinone: nessuna volontà di retrocedere, ma solo tanti errori della società. Che resta un modello
Partiamo dalle bufale. «Il Frosinone e il presidente Stirpe hanno voluto retrocedere perché la Serie A ha costi elevati e per mettere le mani sul “paracadute”», affermano molti in queste ore con una certa leggerezza. Questa teoria complottistica – retaggio delle troppe visioni del film cult L’allenatore nel pallone e della richiesta del presidente della Longobarda Borlotti al suo allenatore Oronzo Canà – è semplicemente campata in aria. Il Frosinone non voleva retrocedere, perché se è vero che la Serie A ha costi maggiori rispetto alla B, è anche vero che la differenza dei ricavi tra le due categorie non è paragonabile, tra diritti televisivi, sponsor e incassi al botteghino. Volendo quantificare, un piccolo club come il Frosinone in Serie A ha un ritorno economico che si aggira intorno ai 38-40 milioni, mentre in Serie B, compreso il “paracadute”, siamo a meno della metà. Paracadute che non viene concesso ad ogni stagione: quindi, se si dovesse fallire il ritorno in Serie A, il Frosinone in B incasserebbe una cifra ancora inferiore. E, poi, chi un po’ conosce Maurizio Stirpe sa che si tratta di un imprenditore estremamente ambizioso: immaginate quanto gli bruci una retrocessione.
Dunque, nessun complotto o volontà dietro la retrocessione del Leone. Ma, più semplicemente, la concausa di tanti fattori che hanno determinato una stagione fortemente negativa. C’è stata, innanzitutto, confusione a livello di operazioni di calciomercato: avere due uomini per acquistare e cedere i giocatori – Capozucca e Giannitti – non ha prodotto dei risultati positivi. Non c’è stata una linea comune, almeno nel mercato estivo, e a Frosinone sono giunte tante, troppe scommesse. Alcuni elementi arrivati in estate, e poi frettolosamente ceduti a gennaio, erano francamente impresentabili per la massima serie del calcio italiano. Di pari passo c’è stata l’erronea valutazione del ritiro svolto in nord America. L’impressione, ma forse ormai è più una certezza, è che si sia perso soltanto tempo e che allo staff tecnico di allora non sia stato permesso di affrontare un precampionato più impegnativo, anche per quanto riguarda il livello degli avversari incontrati in amichevole. Su Longo, poi, si dovrebbe aprire un capitolo a parte. L’allenatore probabilmente doveva essere salutato già a giugno, quando il Frosinone chiuse sì la stagione con una promozione, ma fece pure tantissima fatica negli ultimi mesi del campionato scorso. Ma l’errore più grande per quanto riguarda l’allenatore è stato quello di avergli concesso fiducia quando l’attuale torneo era già compromesso: al cambio in panchina si è arrivati in grave ritardo e il Frosinone ha perso ulteriore tempo.
Si potrebbe continuare a lungo nell’elencare gli errori di valutazione commessi dalla società. Ma a questo punto ha ancora senso? Senza contare che nei 16 anni di gestione Stirpe questa è la seconda stagione negativa, dopo quella ancora più fallimentare del 2010-11 con la retrocessione in Lega Pro. Un passo falso una volta ogni 8 anni ci può stare, considerato che le altre sette stagioni si rivelano vincenti o almeno positive. Insomma, il Frosinone ha sbagliato tanto quest’anno, ma quello del presidente Stirpe resta un club modello per il calcio italiano. Per i risultati, per le strutture e per l’organizzazione societaria. E con queste basi, c’è da scommetterci, ci si può rialzare in fretta.
Gabriele Margani