Anita Tarquini, Segretaria Generale della Uil Frosinone ha elaborato i dati relativi alla diffusione del reddito e della pensione di cittadinanza, per quanto riguarda il capoluogo e tutto il territorio ciociaro.
“Sono 9865 le domande di Reddito di cittadinanza accolte nella Ciociara. Escludendo Roma – le cui cifre per popolazione e bacino raggiungono le sessantamila unità – la nostra provincia è la terza nel Lazio per numero di uomini e donne cui l’Inps ha riconosciuto il diritto di avvalersi della misura nata con l’obiettivo di contrastare la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale“, ha dichiarato la Tarquini.
Nello specifico, in testa alla graduatoria c’è Frosinone, con 1121 persone che percepiscono la misura introdotta dall’ormai ex governo gialloverde, mentre 473 sono state nel capoluogo le domande respinte. Allargando lo sguardo alle altre cittadine del nostro territorio, scopriamo che sono 860 le domande autorizzate dall’Istituto nazionale di previdenza sociale a Cassino, 569 a Sora, 440 ad Alatri, 474 a Ceccano, 346 ad Anagni. A Ferentino i percettori di reddito e pensione di cittadinanza hanno raggiunto le 383 unità, A Veroli sono state 292, a Pontecorvo 263, a Fiuggi 241, a Isola del Liri 225.
E poi a seguire: 192 a Piedimonte San Germano, 179 a Boville Ernica, 156 a Roccasecca, 164 a Supino, 138 a Paliano, 104 ad Arce. Sotto le centinaia vi sono realtà più piccole tra cui spiccano Piglio con 91 domande accolte, Arpino con 82, Amaseno con 66, Patrica con 67, Fontana Liri con 64. Mentre scendono a 98 a Pofi. E poi 71 a Morolo, 43 a Castelliri, 33 a Fiumone e 29 a Guarcino.
“Siamo favorevoli alle misure che contrastano la povertà e favoriscono l’inclusione sociale – conclude l’esponente Uil di Frosinone – Ma è chiaro che da sole non possono bastare. Serve un ragionamento complessivo. Infine, la cosiddetta fase due del Reddito appare ancora inceppata: i centri per l’impiego stentano, le politiche attive sono ancora al palo. Occorrono correttivi. E poi servono gli investimenti, sia quelli pubblici che quelli privati, perché soprattutto attraverso gli investimenti il lavoro può ripartire”.