Il circolo Legambiente “Il Cigno” di Frosinone dice no ad ulteriore cementificazione nel capoluogo e appoggia la rigenerazione urbana e la riqualificazione energetica dell’esistente patrimonio edilizio. Riceviamo e pubblichiamo il comunicato a firma del presidente del circolo Stefano Ceccarelli.
“L’ultima cosa di cui ha bisogno una città in declino demografico ed economico come Frosinone, afflitta da criticità ambientali a 360°, con un centro storico in completo abbandono e un patrimonio edilizio scadente ed energivoro in cui i cartelli VENDESI non si contano più, è di vedere sorgere cantieri di nuovi manufatti edili, per di più in pieno centro urbano. L’ultimo in ordine di tempo è nato oggi in via Maria, a poche centinaia di metri da P.le De Mattheis, dove sono iniziati gli sbancamenti di terreno in assenza dei cartelli informativi circa le opere da realizzare.
Non ci importa quali e quante opere compensative verranno realizzate dai proponenti privati a vantaggio della collettività, semplicemente non accettiamo che un Comune vicino al dissesto finanziario si finanzi sacrificando una risorsa preziosa e non rinnovabile come il suolo. Frosinone, terza in graduatoria nella Regione Lazio in quanto a consumo di suolo con ben il 29,2% di superficie consumata in percentuale (dati ISPRA aggiornati al 2018), dovrebbe una volta per tutte dire basta a nuovo cemento e decidersi a spezzare i legami opachi che dal dopoguerra in poi hanno visto gli amministratori andare a braccetto con i costruttori edili seppellendo la città sotto uno spesso strato di calcestruzzo. Frosinone dovrebbe piuttosto puntare da un lato alla demolizione delle centinaia di manufatti abusivi non sanabili e dall’altro alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, incoraggiando con ogni mezzo i privati, a partire dai condomini, a realizzare le opere necessarie a ridurre il consumo energetico e quindi le emissioni nocive degli edifici.
Non possiamo non ricordare che lo scarso appeal di Frosinone in termini di potenziale turistico e di valori estetici e paesaggistici derivi in grande misura dal saccheggio indiscriminato perpetrato nei decenni passati al territorio. Si è trattato, come sappiamo, di un assalto spregiudicato spinto dalla speculazione e dal malaffare che ha devastato il tessuto urbanistico della città, ma che almeno poteva spiegarsi con il baby boom e con una sostenuta crescita economica. Proseguire per inerzia con le stesse politiche oggi non solo è privo di logica, ma costituisce un vero e proprio attentato ai danni dei cittadini e dei giovani in cerca di futuro che non vogliono rassegnarsi alla prospettiva di migrare verso altri lidi.
Più in generale, dobbiamo denunciare l’indifferenza dei decisori locali verso l’insostenibilità di politiche che favoriscono l’incremento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, aumentando la densificazione delle aree urbane con la conseguente perdita delle superfici non artificializzate, preziose per mitigare l’effetto isola di calore urbana ed assicurare l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto.
L’impermeabilizzazione delle superfici naturali è associata alla perdita di servizi ecosistemici, mette a rischio la sicurezza alimentare futura, impatta negativamente sulla funzionalità del suolo e limita la nostra capacità di combattere il degrado del territorio, la desertificazione, la siccità e le inondazioni. Dunque, puntare al “consumo di suolo zero” non è affatto un alt al progresso, ma uno dei presupposti per far diventare più sicure, resilienti e sostenibili le città, come previsto dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile al 2030 definiti dalle Nazioni Unite.
Lanciamo quindi un appello agli amministratori comunali perché si cambi finalmente rotta e si ridiscutano le politiche urbanistiche con un approccio lungimirante e partecipativo, scevro da interessi particolari e da operazioni di piccolo cabotaggio di stampo clientelare”.